Con la “moneta complementare” la sinistra radical-chic copia Hitler
Che l’euro non funzioni in tanti se ne sono accorti. La notizia è che adesso anche l’élite intellettuale comincia a crogiolarsi nel dubbio. E a ragionare su qualche alternativa, magari non tranciant come la fuoriuscita, che certo sarebbe sempre meglio, ma che certificherebbe anche la loro insipienza. Pensa che ti ripensa, alcuni di questi geni per mancanza di prove, economisti che mai alcuna previsione economica hanno azzeccato, dalle pagine di Micromega, Bibbia di quel loro inutile e noiosissimo mondo radical-chic, hanno partorito l’idea di una moneta complementare. Attenzione, dire che hanno avuto una idea è eccessivo. Hanno riproposto, se si è buoni. Hanno copiato, se si è più perfidi. Se poi vai alla ricerca da chi e da cosa hanno tratto questa loro idea allora sì che c’è da ridere. Ma andiamo per ordine. Intestatari del progetto sono, tra gli altri, Luciano Gallino e Stefano Sylos Labini.
100 miliardi per rilanciare la domanda interna
Che roba è questa moneta complementare? È il tentativo di rimettere in gioco la sovranità statale, scippata al popolo anche col loro consenso e consegnata a questa Europa di burocrati, attraverso la possibile emissione statale gratuita di certificati di credito fiscale, ad uso differito e a titolo gratuito. Spiegazione per noi sempliciotti: 100 miliardi l’anno per rilanciare la domanda, distribuiti in base al reddito, che lo Stato, a partire dai successivi due anni, accetterebbe in pagamento per tasse, imposte, multe e quant’altro oppure da scontare in banca. Ora, non è che ci voglia un genio per capire che è sempre meglio recuperarla tutta intera la sovranità monetaria e, così, fare quel che davvero ci conviene. La nostra moneta, la nostra lira, il nostro futuro, il nostro destino. Invece, perseverando nell’errore dell’euro, ci si accontenta di applicare ai giorni nostri e ai nostri bisogni idee (quelle sì originali) e iniziative (quelle sì davvero rivoluzionarie) che furono addirittura della Germania nazista. Perché la farina del sacco, da cui i volenterosi economisti hanno tratto la loro proposta, è proprio quella. È, per la precisione, farina di Hjalmar Schacht, ministro dell’Economia del Fuhrer e capo della banca centrale del Reich, uno degli artefici del miracolo economico tedesco degli anni Trenta.
Una verità che pure “la Repubblica” sottace
Una verità che la Repubblica, pudicamente, sottace nel pezzo che sponsorizza l’iniziativa. Perché della “quasi moneta” i nostri baldi economisti hanno deciso di discutere con parenti e amici in un albergo della Capitale. Lì, tra pasticcini e prosecchini, tra sorrisini compiaciuti e abbigliamenti finto trasandati, lanceranno questo manifesto che, veltronianamente, tende a ricomprendere il tutto e il suo contrario. E, se mai alcuno s’azzarderà ad evocare Adolf Hitler o il Terzo Reich, sarà sopraffatto dal quel loro moscissimo, ma altezzoso disgusto.