Alemanno, la rabbia e l’orgoglio: «Io estraneo, la destra è pulita» (video)
«Ho sottovalutato la componente umana, dovevo fare più attenzione nella scelta della squadra, mi sono invece concentrato sulle priorità della città». Dopo una giornata sulla graticola, Gianni Alemanno nella serata di ieri ha deciso di reagire alle accuse prima con un’intervista al Tg1 poi con una partecipazione a “Porta a Porta”. La linea dell’ex sindaco è chiara: «Sono estraneo, se ho sbagliato è stato nella scelta dei miei collaboratori. Anche i contributi ricevuti, tutti certificati, mi servivano per finanziare la campagna elettorale, nella quale ho perso tanti soldi miei e mi sono ritrovato più povero di quando avevo iniziato a fare il sindaco…».
Dallo choc alla reazione
Finito sotto inchiesta per associazione a delinquere di stampo mafioso, Alemanno, da Bruno Vespa, non ci sta a passare per criminale, nega di aver mai conosciuto Massimo Carminati, ex Nar al vertice della cupola che aveva messo le mani sulla Capitale, rivendica la sua “storia di lotta alla mafia, che ho sempre odiato”, ma ammette: «Forse dovevo fare più attenzione nella scelta della squadra: se le accuse sono vere, i miei collaboratori hanno tradito la mia fiducia». Per l’ex sindaco è la giornata del contrattacco mediatico. Prima si autosospende da Fratelli d’Italia, “fino a quando la mia posizione non sarà pienamente e positivamente chiarita”. Poi si presenta alla Rai, accompagnato dalla moglie Isabella Rauti, per raccontare la sua versione alle telecamere di “Porta a porta” e del Tg1.
I collaboratori a rischio
Nel mirino della procura ci sono i suoi uomini, dall’ex capo della segreteria, Antonio Lucarelli, che – nelle intercettazioni depositate – si intrattiene al telefono con Carminati, all’ex ad di Eur Spa, Riccardo Mancini ed all’ex amministratore dell’Ama, Franco Panzironi, entrambi finiti in carcere ieri imputati di essere a libro paga della “Mafia Capitale”. «Se queste accuse si dimostreranno vere – spiega l’ex sindaco – il mio errore è stato dar loro fiducia. Quando sono uscite le prime notizie sull’inchiesta io li ho convocati ed ho chiesto loro se erano in contatto con Carminati e loro mi hanno detto assolutamente no. Se hanno mentito hanno tradito la mia fiducia e me ne faccio carico politicamente. Ho sottovalutato la componente umana, mi sono invece concentrato sulle priorità per la città”. Alemanno respinge poi al mittente l’accusa di aver ricevuto soldi illecitamente e, anzi, ricorda che “sono uscito dal Comune di Roma più povero di quando ero entrato, ho dovuto vendere una casa e fare un mutuo, anche perché il Pdl non mi ha aiutato. Per la campagna elettorale ho speso due milioni di euro: 1,5 milioni da donazioni certificate e mezzo milione di euro di debiti”. Parla poi di uno degli accusati, Salvatore Buzzi, braccio destro di Carminati e capo della cooperativa “29 settembre”. «Era lui – spiega – il contatto principale con il Comune, non Carminati. E Buzzi era un rappresentante della Lega delle Cooperative che ha raggiunto la sua massima espansione durante le giunte di centrosinistra, quando siamo arrivati noi lo abbiamo ridimensionato e ricordo comunque – aggiunge – che il suo consorzio gestiva solo 1 dei 15 campi nomadi del Comune».
La difesa della destra
Alemanno ci tiene quindi a distinguere la sua storia da quella dell’estrema destra capitolina. «Carminati e gli altri – osserva – hanno fatto un percorso diverso ed antagonista a quello del movimento sociale all’interno del quale io sono cresciuto e comunque la storia della destra romana non può essere ridotta a quella dell’ex Nar e della Banda della Magliana». Infine, per l’ex sindaco non c’è nulla da fare, Roma deve essere governata da un commissario. «C’è – ammette – un’oggettiva debolezza della politica romana, lo pensavo anche prima di questa vicenda. L’idea di un Commissario per il Comune sarebbe necessaria. Dopo tutte queste storie – conclude – conviene a tutti dire fermiamoci ed andare verso un autoscioglimento, non per infiltrazione mafiosa».