Mussolini iscritto al Pd. Ormai le tessere false sono più di quelle vere…
Una burla. O forse no. Semplicemente la dimostrazione pratica di come il Pd sia un colabrodo. Altro che regole ferree. Altro che controlli minuziosi e capillari. Altro che trasparenza. Per iscriversi al Pd basta una carta di credito, un pc e un po’ di tempo a disposizione. Possono farlo tutti. Anche Benito Mussolini. Lo ha provato il giornalista del Giornale, Andrea Cuomo che ha iscritto, appunto, il Duce, al Pd nazionale. Sezione di Predappio, ovviamente. Obiettivo: dimostrare che in pochi minuti è possibile iscrivere chiunque al partito del Nazareno. In cambio una bella tessera firmata Matteo Renzi. Si sa, la fame di iscritti nei partiti in questo momento è tanta. C’è un calo di consenso generalizzato. Una fuga di massa. E dunque si può anche chiudere un occhio – o forse tutti e due – per allargare la base elettorale.
E, infatti, l’esperimento del Giornale sta proprio in questo: dimostrare che, di fatto, si può truccare la partita. Con qualunque nome. Perfino quello piuttosto noto dell’uomo del Ventennio. Al quale il sistema online del Partito Democratico, dopo aver chiesto la data di nascita – 29 luglio 1883 – e corretto “astutamente” l’anno portandolo al 1983 – ha assegnato la tessera Pd numero 999820141560517. Con una mail di benvenuto: «Gentile Benito Mussolini, questa mail ti viene inviata a seguito del completamento del tuo tesseramento online al Partito Democratico…».
Tesseramenti gonfiati, gli scheletri nell’armadio del Pd
Dodici giorni fa ci aveva provato anche La Stampa a fare l’esperimento. In versione un po’ diversa. Mandando su tutte le furie la segretaria del Circolo Esquilino, Caterina Zuccaro, per la beffa subìta. In quel caso la giornalista Flavia Amabile si era presentata di persona al circolo Pd Esquilino di via Galilei della Capitale e si era fatta passare per Flavia Alessi. Anche in quel caso, nessun controllo nè verifiche. Era bastato pagare 20 euro. Non era stato neanche necessario presentare qualche documento di identità. Nessuno lo aveva preteso, a dimostrazione che chiunque può iscriversi al Pd. Con qualsiasi nome falso.L’importante è pagare. E fare numero.
D’altra parte quello dei tesseramenti gonfiati è un argomento delicato in casa Pd. Basterebbe ricordare quando, due mesi fa, si azzuffarono due signore della politica: Pina Picierno e Susanna Camusso. Una lite da cortile con la Picierno che, indispettita perchè la leader Cgil sosteneva che Renzi è al governo grazie ai poteri forti, gli si rivoltò contro velenosa: «Sono rimasta molto turbata dalle parole di Camusso che dice oggi a qualche giornale che Renzi è al governo per i poteri forti. Potrei ricordare che la Camusso è eletta con tessere false o che la piazza è stata riempita con pullman pagati, ma non lo farò…». Apriti cielo. Dovette intervenire, a difendere la verginità del sindacato contiguo al Pd, Pippo Civati consapevole che la questione ischiava di scivolar verso un pericoloso piano inclinato: «Un’europarlamentare del Pd questa mattina in tv ha parlato di tessere false (con le quali sarebbe stata eletta la segretaria generale della Cgil) e di pullman pagati (che hanno riempito la piazza di sabato). Preferivo quando queste cose le diceva la destra, non la “sinistra”. Era piu’ semplice».
Le accuse della Picierno e poi l’imbarazzante marcia indietro
Insomma la Picierno fu costretta a un’umiliante maria indietro: «Non era mia intenzione lanciare accuse. Se le mie affermazioni hanno dato questa impressione, mi dispiace. Rispetto il sindacato e il popolo della piazza…».
Gli argomenti tessere false, tesseramenti gonfiati e truppe cammellate, in casa Pd sono una specie di mantra, un tema che, di tanto in tanto, riaffiora in superficie sollevando polemiche e imbarazzi a non finire.
Poco più di un anno fa la questione esplose a Ferrara dove un gruppo di dirigenti del circolo Lagonegro si dimise in blocco per protestare contro quella che a tutti apparve come un’improvvisa e ingiustificata ondata di iscrizioni sospette. Anche lì volarono gli stracci. Con accuse reciproche. E liti da cortile.
Il caso di Rom e bengalesi in fila in massa alle primarie Pd
Ancora. Ad aprile 2013 esplode il caso dei Rom che votano compatti alle primarie del Pd. Lo denuncia su Facebook, Cristiana Alicata, membro della direzione regionale del Pd Lazio. tirando una bordata micidiale: «Le solite incredibili file di Rom che quando ci sono le primarie si scoprono appassionatissimi di politica. Non è razzismo: sono voti comprati Chi lo nega è complice dello sfruttamento della povertà che fa il clientelismo in politica». E, poi, rincarando la dose: non è «la prima volta che succedono queste cose, guarda il voto di Napoli con i cinesi. Il tema non è il razzismo, ma chi sfrutta gruppi poveri che abitano ai margini della città». Tiè. A conferma che le cose dette in maniera un po’ brutale dall’Alicata non erano proprio campate in aria arrivò, poco dopo, la notizia di una zuffa da osteria a Tor Bella Monaca con relativo intervento della polizia per placare gli animi arroventati dei piddini. Cos’era successo? Qualcuno aveva notato l’arrivo in massa al seggio di via dell’Archeologia di bengalesi e africani. E c’era anche chi giurava di aver visto girare soldi fra le mani. Un’accusa infamante regolata a pizze fra i piddini.
L’ultimo capitolo della saga è di qualche giorno fa a Civitavecchia dove le tessere del Pd sono lievitate a dismisura con un aumento di iscritti che ha fatto gridare qualcuno al miracolo – 700 i nuovi arrivati – e qualcun altro alla truffa. Il caso più clamoroso e imbarazzante è quello dell’ex-campione del mondo di pugilato, il civitavecchiese Silvio Branco, ritrovatosi improvvisamente tesserato con il Pd. Amareggiato, l’ex-pugile, ha scritto a Renzi. Che imbarazzato dalla figuraccia l’ha fatto cancellare.