Soldi in nero a Corrado Augias. Il patron del Grinzane vuota il sacco

17 Feb 2015 19:40 - di Redazione

Soldi in nero a politici piemontesi, giornalisti e attori di primo piano, nonché a Corrado Augias: di questo ha parlato Giuliano Soria, patron del premio letterario Grinzane Cavour, intervenendo oggi a Torino al processo d’appello in cui risponde di peculato. I vip, ha detto, «ci usavano per il loro prestigio». Soria in primo grado era stato condannato a 14 anni e sei mesi. Oggi in aula ha detto di avere «aiutato» numerosi politici torinesi e piemontesi, precisando talvolta (mentre elencava i nomi) che i contributi erano «in nero». «Ho sostenuto l’allora sindaco Sergio Chiamparino in due occasioni«, ha affermato, «e ho aiutato l’assessore Alfieri voracemente». Poi ha citato gli assessori Oliva e Stefano Leo («in nero»), il parlamentare del Partito democratico Gianni Vernetti («più volte»). Fra i giornalisti che beneficiavano delle iniziative del premio «Corrado Augias era il più vorace, era addirittura assillante sui pagamenti in nero». Alain Elkann pretese per sé e la moglie di allora un viaggio a New York che ci costò 13mila euro». Poi Soria ha elencato «la sfilza di attori pagati in nero» in occasione del festival di Stresa. «È costume nel mondo dello spettacolo». Il primo è Giancarlo Giannini, «che volle essere pagato prima ancora di entrare». «Partivo per Stresa – ha raccontato – con 100mila euro per gli attori».

Il patron del Grinzane condannato dalla Corte dei Conti

Il Grinzane Cavour, prima di scomparire nel 2009 per effetto dello scandalo, era stato uno dei tasselli più importanti del mosaico culturale italiano. Soria non aveva fondato il premio, ma lo aveva portato al successo: e il castello di Grinzane Cavour, svettante fra le colline delle Langhe, dove gli scrittori venivano premiati, era diventato uno dei simboli del Piemonte. Il problema, come si intravede scartabellando fra le varie sentenze dei magistrati, era che Soria si identificava con il premio al punto da non riuscire più a distinguere la cassaforte (sempre rimpinguata dai generosi finanziamenti di Regione e Ministero) dalle proprie tasche. Stornava un po’ di fondi pubblici, per esempio, per acquistare la sua abitazione privata sotto la Mole Antonelliana o per pagare lavori svolti in quelle di Parigi e Ospedaletti. E gli capitava anche di farsi rimborsare spese per viaggi, cene e soggiorni che però non riteneva necessario documentare. «Cattivo e distorto uso amministrativo» del denaro, ha scritto il giudice contabile Luigi Gili, secondo il quale «Soria disponeva dei beni della “sua” associazione in modo del tutto arbitrario, attingendo a piacimento dalle somme reperite con tanta abbondanza e facilita’ dal Premio Grinzane per mantenere un tenore di vita a dir poco sontuoso». La storia si interruppe quando un giovane domestico originario delle Mauritius denunciò Soria per molestie sessuali e maltrattamenti. L’indagine poi si estese alle malversazioni. E il tribunale condannò il patron tanto per le angherie quanto per il peculato.

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