Sorpresa: il poliziotto che “rivendica” la Diaz non è fascista ma vota Pd
Quei toni da “manganellatore” non hanno lasciato dubbi ai commentatori che sui giornali e sui social si sono affrettati a delineare l’identikit politico di Fabio Tortosa, il “mostro”: è un fascista. E che dire di quel riferimento allo spirito cameratesco, quella violenza nel linguaggio, quel viso rozzo, cattivo, per nulla equo e solidale, quell’atavica aridità dei sentimenti che contraddistingue l’uomo di destra, il camerata, il minus habens a cui hanno messo una pistola in mano. «Sarà sicuramente un fascista», è stato il leit motiv di questi due giorni di polemiche sul poliziotto della Celere che su Facebook aveva “rivendicato” il blitz nella Diaz durante il G8, sostenendo che lui “l’avrebbe rifatto altre mille volte”. Voleva difendere, a suo modo, i colleghi accusati di aver perfino torturato i no global da una sentenza della Corte di Giustizia europa. Oggi il presunto fascista, quello che secondo autorevoli commentatori confermava la tradizionale presenza di anime della destra più becera all’interno delle forze dell’ordine, alla fine ha confessato: vota per il Pd. Sorpresa, meraviglia, stupore: come, uno di sinistra che giustifica i poliziotti del G8? Starà mentendo, è la tesi.
La confessione del poliziotto della Diaz
«Io di destra? No, ho votato Pd», ha risposto Tortosa alla Zanzara, su Radio 24. «Non mi pento di nulla – ha aggiunto – non ho spaccato teste. Torture? Non lo so, io non le ho viste – ha affermato – altrimenti sarei intervenuto. Ma so che il numero dei “refertati” è incongruo con il numero di persone fermate dal VII nucleo. I feriti erano di più. Ho assistito a tutta l’operazione, non abbiamo ferito le persone come poi è venuto fuori. Noi con le violenze non c’entriamo, non abbiamo spaccato le teste». Nella scuola, secondo Tortosa, c’erano molti poliziotti anche in borghese ma “gli unici identificabili eravamo noi e servivano dei responsabili”. Poi ricostruendo l’irruzione ha raccontato: «Il cancello della Diaz era chiuso, lo abbiamo forzato e poi abbiamo forzato il portone d’ingresso. Nessuno dormiva, hanno raccontato bugie. Abbiamo trovato una resistenza dentro la scuola, già dalle finestre piovevano degli oggetti. Obiettivo era partire da ultimo piano e portare tutti i fermati all’interno della palestra, un’operazione durata meno di sei minuti. Poi ci hanno ordinato di uscire. Abbiamo usato il manganello, certo – ha detto ancora – ma all’interno delle regole. E per sconfiggere la resistenza, fermare le persone e radunare i 93 occupanti nella palestra. Poi per l’identificazione sono rimasti altri agenti per un’ora dentro la Diaz». Tortosa ha anche spiegato perché ha scritto “Carlo Giuliani fa schifo e fa schifo anche ai vermi sottoterra”. «Noi – ha detto – siamo stati trattati come torturatori e colpevolizzati, mentre vedo che intitolano un’aula della Camera a Carlo Giuliani. È uscita fuori la pancia. Di questo mi posso scusare, ma bisogna tenere conto di quello che abbiamo passato».