Martelli: «Gelli con la P2 contribuì alle spartizioni di potere tra Dc e Pci»
Licio Gelli fu fascista durante il fascismo. Come lo fu la maggior parte degli italiani. Salvo poi – come avvenne per tanti – schierarsi sul fronte opposto dopo la caduta di Mussolini. Tanto abile, il Venerabile, nel saltare il fosso, da guadagnarsi riconoscimenti ed encomi solenni come partigiano. Il punto è che, nel profluvio della ricostruzione della sua vita che sta occupando intere paginate dei giornali dopo morto, l’etichetta di fascista sembra essere il marchio prevalente, il connotato imprescindibile per caratterizzarne la figura e spiegarne l’evoluzione. La verità è che Licio Gelli seppe come pochi altri introfularsi nelle maglie del potere, tessere rapporti, relazioni con i vertici della politica, del mondo militare ed editoriale. La P2, la loggia massonica partorita dalla sua fervida mente, rappresentò per molti iscritti (veri o false che siano state quelle iscrizioni) una fortuna, per altri un disastro. “Oggi , tirate le somme, – scrive Giampolo Pansa – resto convinto che la P2 sia stata un gigantesco bluff, a vantaggio di una sola persona: il suo inventore”. Forse è proprio così. Eroe di un romanzo italiano, “destinato a vivere della credulità degli altri”, per dirla con Giuliano Ferrara. Quanto agli intrighi di cui fu Maestro ed oscuro protagonista è interessante quel che racconta Claudio Martelli in una intervista al Mattino.
C’era Gelli dietro l’asse Dc-Pci del compromesso storico
“C’era Gelli dietro l’asse Dc-Pci”, sostiene l’ex ministro della Giustizia e vicesegretario del Psi . “Il riferimento politico di Gelli era Giulio Andreotti. Intendiamoci, a quei tempi e fino a Castiglion Fibocchi, Gelli era riverito e cercato da molti e da molti politici”. Il piano di Gelli, dice Martelli, “era più che noto. Lo sintetizzò il direttore del Corriere della Sera del tempo, Di Bella, che scrisse: ‘Ci vuole un governo con presidente il generale Dalla Chiesa e ministro dell’Interno Giancarlo Pajetta (leader di spicco del Pci di allora)’. La P2 fu anche una sorta di compromesso storico in salsa gelliana. Del resto, il trasversalismo e le ammucchiate sono l’ambiente ideale per i poteri opachi e oscuri”. Per la P2 pagarono tutti? “C’è stato chi se l’è cavata alla grande e chi ha pagato molto, al di là delle sue responsabilità. C’erano carte di gran lunga più compromettenti che non fecero scandalo. Ad esempio, quelle che riguardavano il patto di spartizione della stampa italiana, patto siglato tra Licio Gelli e Caracciolo, editore di Repubblica ed Espresso, interessatissimo all’acquisizione del Messaggero“. Martelli sottolinea come, “trentacinque anni dopo” la pubblicazione della lista degli iscritti alla P2, “c’è ancora un tramestio di legami sospetti, coperti, tra gruppi di interesse, grande finanza e politici”. “Penso anche all’articolo con cui Ferruccio de Bortoli si è congedato dal Corriere della Sera con l’accenno, tutt’altro che mascherato, all’odore stantio di logge massoniche. Dunque, uno dei più autorevoli giornalisti italiani ci dice che, trentacinque anni dopo, i vertici del potere politico puzzano di massoneria, deviata o non deviata che sia”.