Svezia, la femminista: «La maternità surrogata? È prostituzione…»
Nella evoluta e laica Svezia, patria del femminismo e dei diritti, la maternità surrogata è vietata. A condurre in prima linea la battaglia per impedire qualsiasi l’espandersi del mercato riproduttivo non solo a Stoccolma ma in tutto il mondo è Kajsa Ekis Ekman, 35 anni, femminista e giornalista. Esponente della Sverigeskvinnolobb, la lobby di sinistra delle donne svedesi, Kajsa qualche giorno fa in una opinion sul Guardian, giornale inglese di sinistra, nell’illustrare un’indagine governativa sul divieto di maternetà surrogata aveva puntualizzato che è necessario bandire qualsiasi forma di utero in affitto, va vietata la sua pubblicizzazione ed è necessario agire per impedire ai cittadini svedesi di recarsi all’estero per accedervi.
Svezia, la battaglia delle femministe contro l’utero in affitto
In un’intervista all’Avvenire ha poi spiegato il perché questa è una battaglia femminista: «La maternità surrogata mercifica la donna, utilizzandola come se fosse soltanto un utero senza diritti o sentimenti. Significa togliere tutti i diritti a una madre e non può essere nell’interesse della donna. La patriarchìa da sempre equivale a mettere i diritti dei padri al di sopra di quelli delle madri, e per questo la maternità surrogata è da considerarsi un fenomeno profondamente patriarcale. E il femminismo, oggi come ieri, riguarda sempre la stessa cosa: consentire alle donne di esistere al pieno del proprio potenziale».
Ekman: avere un figlio non è un diritto
Per Kajsa Ekis Ekman «avere un figlio non è un diritto umano. Non esiste alcuna convenzione che sancisca il diritto a usare il corpo di una donna per i propri scopi. Chiunque desideri avere un figlio può farlo, ma la maternità surrogata è diversa da qualsiasi altra pratica: significa creare bambini senza madri». La giornalista nel libro dal titolo Essere ed essere comprate: prostituzione, maternità surrogata e il sé spaccato aveva equiparato l’utero in affitto alla prostituzione: «La maternità surrogata è prostituzione riproduttiva. La differenza è che in vendita c’è l’apparato riproduttivo e non quello genitale. Ma il concetto è sempre che il corpo di una donna sia in vendita. È evidente nel dibattito sull’utero in affitto che gli uomini pensano di avere una sorta di diritto di utilizzo del corpo delle donne. Gli uomini, sia etero sia gay, dicono: se non possiamo avere figli, abbiamo bisogno che la società ci fornisca una donna da usare! Che cosa li ha fatti pensare che una donna esista a loro uso e consumo? Alcuni preferiscono persino che sia “altruistica”, ovvero non vogliono nemmeno pagare!». E ancora: «Alcuni uomini forse pensano che sia come donare il seme… L’idea alla base della maternità surrogata “altruistica” è che la gravidanza non valga nulla e che una donna debba disfarsene gratuitamente, per gentilezza. Nove mesi, poi il dolore, e lei dovrebbe solo essere felice di aiutare gli altri, perché questo è ciò per cui sarebbero fatte le donne».
«Le donne sono usate come animali»
Kajasa poi ha spiegato: «Le donne che diventano surrogate non appartengano alle classi abbienti. Dove questa industria prospera, in India, Thailandia, Ucraina, Nepal, spesso sono donne analfabeti che vivono in campagna e hanno poche possibilità di scelta nella vita. Sono usate come animali da riproduzione, sottoposte a trattamenti ormonali e nella maggior parte dei casi subiscono l’impianto di cinque embrioni per massimizzare il tasso di successo». L’immagine di Elton John che i media ci propongono? «I media – ha risposto la femminista – hanno dipinto la maternità surrogata come una cosa sfiziosa per ricchi e famosi. Se sei una diva di Hollywood e non vuoi rovinarti il corpo, usa una surrogata! Idem se sei un maschio gay e non vuoi spartirti tuo figlio con sua madre. E ci bombardano con le foto di Ricky Martin, Elton John, Sarah Jessica Parker o Nicole Kidman, che sono felici “grazie a una surrogata”. Questo mi fa infuriare: perché non sentiamo mai chi sono le madri di quei bambini? Perché questo è ciò che è chi dà la vita: una madre».
…Se tu chiedi ad un uomo o una ad una donna ( ammesso che capisca di cosa gli stai parlando) “sei d’accordo con la pratica della maternità surrogata?” è probabille che ti dica un NO grande come una casa, facendo leva su ragionamenti apparentemente ineccepibili: Non è giusto sfruttare le donne che per povertà si prestano a soddisfare la voglia di un figlio biologico di coppie alle quali il destino ha negato la possibilità di essere genitori (per non parlare poi se a desiderarlo sono addirittura coppie gay!).
O ancora ti diranno “ ma con tutti i figli abbandonati negli orfanotrofi di tutto il mondo c’è bisogno di andare a pagare una donna che te lo farà solo perchè ha un disperato bisogno di soldi?…
O peggio “se cosi ha voluto Dio perchè forzargli la mano per quanto ha scritto per te?”…
Ma la vera domanda in realtà dovrebbe essere “ritieni sia plausibile consentire che una donna possa scegliere volontariamente e per spirito altruistico di consentire a che un altra donna possa coronare il suo sogno di diventar madre? (come farebbe senz’altro una sorella, una madre, una cugina o un amica del cuore o persino donne sconosciute come avviene in tante Nazioni del mondo libero del quale il libro di Serena Marchi da voce) senza che una legge dica che questo in Italia è invece un grave reato da punire con il carcere?
…E occorrerebbe chiedere agli inorriditi dalla GPA che vorrebbero ascriverla a reato universale “chi sei tu per dire che una donna non ha il diritto di farlo e perchè deve esistere una legge che punisce severamente in Italia la GPA, mentre tutto ciò è legale ad un ora d’aereo da qui in molte Nazioni non meno progredite della nostra?
Una donna ha il diritto, (e esiste una legge che glielo consente) di abortire se lo ritiene necessario, (e questo è stato considerato una conquista del principio di autodeterminazione femminile), ma la stessa donna non ha il diritto di autodeterminarsi in merito alla volontà di portare avanti una gravidanza per un altra donna che non può metterlo al mondo perchè una malattia gliel’ha impedito…
I “difensori delle donne” a tutti i costi (come se appunto le donne non siano capaci di decidere per se stesse) si scandalizzano del fatto che si possa pagare una madre surrogata, come se nove mesi di gravidanza e il tempo per riprendersi dopo il parto possano anch’essi essere donati senza che per la gestante non ci siano spese mediche, rinuncia al lavoro, impegno fisico e rischio di complicanze.
Credo che in Italia ci sia un grosso problema di comunicazione su questo tema
però se devi scrivere tutte queste righe, il problema di comunicazione nel sostenere quella tesi è ancora più evidente