Il magistrato: «L’Isis punta a portare in Europa quanta più gente possibile»

8 Ago 2016 8:29 - di Redazione
jihadisti
«Ritengo che possa esserci una regia complessiva. Penso che i livelli apicali che organizzano il flusso migratorio verso l’Italia, e sono pochi soggetti, siano direttamente o indirettamente legati al terrorismo. Abbiano spesso legami, e comunque, facciano dei favori». Cataldo Motta, procuratore della Repubblica di Lecce, è stato tra i primi in Italia a indagare, e a provare, legami tra il traffico di migranti e il terrorismo. Lo spiega a QN.

 C’è l’Isis dietro il traffico di migranti

 Procuratore Cataldo Motta, il ministro Orlando e il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Roberti hanno confermato che si sta indagando sul fatto che ambienti vicini al terrorismo abbiano un ruolo cruciale nella la gestione dei flussi. Lei aveva visto giusto… «Diciamo che è ormai un convincimento diffuso e che stiamo lavorando con impegno per verificare questa ipotesi di lavoro: questo è quello che conta, non chi lo abbia detto per primo. Nell’ultimo in contro che abbiamo avuto in direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, a fine luglio, si è parlato anche di questo». Ci sono elementi concreti? «Non posso parlare di indagini in corso. Diciamo che le recenti inchieste sembrerebbero confermare la teoria della cogestione del fenomeno migratorio anche da parte di chi ha interesse a traghettare in Occidente non solo e non tanto terroristi ma soprattutto persone a loro vicine».

 L’Isis guadagna sulla tratta di esseri umani

 Anche soggetti come il tunisino radicolizzato arrestato a Caserta, ben lontani dai vertici dell’organizzazione, avrebbero la finalità di infiltrare, oltre che di fare utili dal traffico di esseri umani? «Di certo non lo so, ma ritengo plausibile qualcosa di strutturato. Sino a tempi recenti quando si trovavano soggetti radicalizzati coinvolti nel traffico di esseri umani, o a supporto dei clandestini già sbarcati, l’interpretazione prevalente era che lo facessero per un mero interesse economico. In realtà, io credo a una pluralità di motivazioni. Ci sono contatti con altri soggetti radicalizzati. E accanto a quello di avere un utile, magari da reinvestire in attività terroristiche magari no, per chi gestisce queste reti c’è anche un interesse concreto a veicolare più persone possibile perché così gli viene chiesto da loro referenti». Una scelta anche ‘politica’? «Direi pratica. Non è che puntano a islamizzare l’Europa, puntano a portare quanta più gente possibile perché nei grandi numeri è più fàcile infiltrare soggetti a loro vicini, da utilizzare in un secondo tempo. E poi, certo, grandi numeri significano grandi guadagni».

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