Mafia Capitale, Lady Buzzi si veste da vittima: «I politici ci tartassavano»

7 Mar 2017 12:28 - di Valeria Gelsi
buzzi

Farlo passare per una vittima, per uno che il sistema delle mazzette lo ha subito e non messo in piedi. È la strategia difensiva di Salvatore Buzzi che emerge dall’interrogatorio della sua compagna, Alessandra Garrone, sentita come imputata nell’ambito del processo sulla cosiddetta Mafia Capitale. «Eravamo talmente fagocitati da richieste di assunzioni di ogni tipo e, specie in campagna elettorale, da richieste di soldi che non avevamo tregua», ha detto la donna durante l’udienza nell’aula bunker di Rebibbia. 

Quando Buzzi diceva: «Me li sto a compra’ tutti»

Parole che però fanno a pugni con quelle pronunciate da Buzzi, ai tempi in cui la Coop 29 giugno veleggiava tra un appalto pubblico e l’altro. «Me li sto a compra’ tutti», diceva Buzzi al telefono, illustrando un metodo che non faceva distinzione tra destra e sinistra e dal quale, come si evince da altre telefonate, non era affatto turbato, fino ad arrivare a vantarsi in un’altra telefonata: «So’ tutti a stipendio»

Lady Buzzi rivendica la superiorità morale del Pci

A queste frasi pronunciate direttamente dall’ex ras delle cooperative ora, però, la difesa oppone una narrazione totalmente diversa, in cui la Garrone fa comparire anche sentimenti come «rabbia», dolore, mortificazione. «Ho provato rabbia quando i politici di turno sono venuti in aula e, quasi a voler prendere le distanze, hanno detto di aver avuto “solo cinquemila euro per la campagna elettorale», ha detto “Lady Buzzi”, che si è messa anche a piangere quando il suo avvocato, lo stesso che seguiva lei e Buzzi anche ai tempi della Coop 29 giugno, le ha chiesto se «sapeva che suo marito faceva corruzioni?». «Sono cresciuta in una famiglia normale, con rigidità. E coi compagni del Pci, in sezione, dove il rigore morale era tutto», ha detto, raccontando poi un episodio del 2009 quando alla richiesta di Franco Panzironi di pagare per un appalto Buzzi avrebbe risposto: «Noi siamo la 29 giugno, queste cose non le facciamo».

Una nuova immagine per il ras delle cooperative

Dunque, grazie alla parole della sua compagna, emerge l’immagine di un Buzzi che sarebbe stato guidato da rigore etico, ma che poi si sarebbe dovuto piegare alle pressanti richieste dei politici. Forse per quello stesso senso di responsabilità che gli avrebbe impedito di denunciare Panzironi. «Dissi a Buzzi di  denunciare. Mi rispose: “Non me la sento. Ho la responsabilità di mille dipendenti», ha raccontato ancora la Garrone, nelle cui parole si fa sparire ogni traccia di quel potentissimo imprenditore del sociale che al telefono diceva senza problemi «me li sto a compra’ tutti». 

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