Gli attuali venti di guerra danno fiato all’export di armi russo e americano
La Turchia compra il sistema di difesa aerea dalla Russia di Vladimir Putin, che cerca spazi nel mercato del Medio Oriente ma deve contrastare l’espansione degli Stati Uniti di Donald Trump sulla piazza asiatica. In un clima da Guerra Fredda, il business degli armamenti può diventare la cartina di tornasole di una mappa politica in evoluzione a livello globale. Un quadro polarizzato, con due superpotenze che si contendono aree di influenza e clienti. Perché, come osservano i ricercatori dello Stimson Center, comprare armi dagli Stati Uniti o dalla Russia – primi due venditori del pianeta – “è assolutamente una dichiarazione politica”. Il centro studi di Washington presenterà il 10 maggio, in collaborazione con lo Stockholm International Peace Research Institute, i dati più recenti in relazione alle “spese militari a livello mondiale e le vendite globali di armi” che, si evidenzia, sono strettamente correlate “alle condizioni economiche che cambiano, alle priorità politiche che mutano e alle preoccupazioni per la sicurezza che emergono”. In un domino complesso, in cui il movimento di una tessera può condizionare ampie porzioni del quadro generale, nelle ultime settimane ha suscitato attenzione la convergenza tra Turchia e Russia. Il summit tra Recep Tayyip Erdogan e Putin, ad Ankara, ha offerto l’assist per accelerare la conclusione della trattativa per la vendita del sistema russo di difesa aerea S-400: ”affare fatto” per Erdogan, mentre Putin ha promesso una consegna in tempi brevi. Una fumata bianca che non può passare inosservata mentre in Siria è appena andato in scena il raid Usa-Regno Unito-Francia. Il Medio Oriente è un’area cruciale anche a livello di business. La Russia, secondo il rapporto stilato un anno fa dagli esperti di Chatham House, sta cercando di farsi largo in un mercato caratterizzato “da una concorrenza molto più intensa rispetto a quella che caratterizza l’Asia”, da sempre “il mercato più importante per l’export militare russo”. Dal 2000, il 56% delle esportazioni di armi russe sono state indirizzate in India o in Cina. Anche in questa porzione di pianeta, però, la situazione è fluida. Se gli Stati Uniti lavorano per consolidare il rapporto con l’India, non sorprende che il Pakistan possa magari avvicinarsi all’altra big: e non è un caso quindi se, dopo un decennio caratterizzato soprattutto dall’acquisto di armi made in Usa, il Pakistan nell’ultimo biennio abbia acquistato apparecchiature e armamenti in particolare da Mosca. La Russia, osserva Chatham House, può vantare la qualifica di ”world leader” in poche aeree: una di queste è l’esportazione di armamenti. Anche se il primato americano resiste, “gli sforzi di Mosca di coltivare nuovi rapporti nel mondo si sono rivelati efficaci”. Gli Stati Uniti, evidenzia Rachel Stohl dello Stimson Center, lo scorso anno hanno esportato il doppio della merce rispetto alla Russia. La leadership a stelle e strisce si fonda, tra l’altro, su un’offerta sostanzialmente superiore, in grado di soddisfare i clienti esigenti come l’Arabia Saudita che un anno fa ha firmato con Donald Trump un accordo da 110 miliardi di dollari: la Russia, riassume lo Stimson Center, “non ha tutti i sistemi” che i Paesi ricchi possono acquistare
da Washington.