Omicidio Varani, i periti confermano: «Foffo era capace di intendere»
Manuel Foffo «è affetto da un disturbo di personalità di gravità moderata», ma quando con il suo amico Marco Prato, il 4 marzo 2016, uccise massacrando a coltellate e colpi di martello il 23enne Luca Varani, era comunque capace d’intendere e volere. È quanto hanno affermato davanti alla Corte d’assise d’appello di Roma i periti Antonio Oliva, Stefano Ferracuti e Marco Molinari nel processo di secondo grado per l’omicidio di Varani.
Gli esperti, nominati d’ufficio, hanno avuto tre incontri nel carcere di Rebibbia con Foffo, condannato a 30 anni di reclusione in abbreviato per omicidio volontario aggravato dalla crudeltà. Prato si è suicidato in carcere prima dell’inizio del processo. L’omicidio, di una brutalità che sconvolse l’opinione pubblica, avvenne nel corso di un festino a base di sesso e droga in un appartamento al Collatino a Roma, dove i due assassini tesero un agguato al povero Varani, invitandolo già con l’intenzione di ucciderlo.
Secondo i periti, Foffo ha «una storia di riferito abuso di cocaina e alcol (ma non di uso cronico)» e «una possibile parasonnia, ma l’esame clinico non ha evidenziato aspetti riconducibili a un deterioramento o a una compromissione delle funzioni cognitive». Gli esperti hanno infine sottolineato come sia stato lo stesso Foffo a parlare «di una sua volontà piegata da quella di Prato, da cui si sentiva ricattato, vincolato e manipolato». La sentenza d’appello è attesa il prossimo 10 luglio.