Anche il tribunale di Pistoia riconosce due mamme: il bimbo avrà 2 cognomi
All’indomani di quelli di Napoli, anche altri giudici riconoscono un bambino nato da procreazione assistita come figlio di due mamme, che gli daranno entrambe il cognome. Il Tribunale di Pistoia, infatti, ha accolto il ricorso di una coppia omosessuale contro il rifiuto del Comune di Montale di registrare le due donne come madri del bambino, che era stato concepito all’estero ma è nato in Italia. Anche in questo caso, come nel caso di Napoli, l’assistenza legale è stata assicurata dagli avvocati delle realtà associative Lgbt, Rete Lenford e Famiglie Arcobaleno. Ancora una volta, dunque, le aule di tribunale diventano il luogo in cui si aggirano o si forzano le leggi esistenti. Di fatto svuotando il ruolo e i compiti del legislatore che su quei temi o ha scelto di non cambiare le norme vigenti o non ci è riuscito, come nel caso della Stepchild adoption che fu uno dei punti più controversi e infine accantonati della legge Cirinnà sulle unioni civili.
A Napoli la richiesta accolta dal tribunale riguardava proprio la stepchild adoption, a Pistoia la registrazione all’anagrafe del bambino, che scavalca anche lo stesso tema dell’adozione. In entrambi i casi, si diceva, il bambino è stato concepito con tecniche di procreazione assistita. Ed è alla legge 40 del 2004 che si sono riferiti i giudici per decretare che al piccolo vanno riconosciute due mamme. Anche nel caso in cui il concepimento sia avvenuto all’estero, come per il bimbo di Pistoia. Secondo il Tribunale, «la preminenza della tutela degli interessi del minore costituisce il primo e fondamentale criterio utile a delibare ogni questione in materia di status filiationis, nel cui ambito la valutazione in ordine alla meritevolezza della tutela degli interessi degli adulti ad autodeterminarsi e a generare figli rimane solo sullo sfondo».
Nella sentenza si afferma che «il diritto alla genitorialità, e ancor più alla bigenitorialità, è un diritto prima di tutto del minore ad instaurare relazioni affettive stabili con entrambi i genitori, sia quando lo stesso sia stato concepito biologicamente che a mezzo delle tecniche mediche di cui alla Pma». Dunque, «il figlio voluto dalla coppia omosessuale attraverso il ricorso alla Pma (procreazione medicalmente assistita, ndr) deve trovare tutela anche sotto il profilo giuridico». Ma i giudici di Pistoia si sono spinti oltre, sostenendo che «va ormai abbandonato un concetto di filiazione basato sul solo dato biologico e genetico, aprendo invece l’orizzonte a criteri di attribuzione dello status filiationis che poggiano sulla manifestazione del consenso così come disciplinata dall’art. 6 L. 40/2004». Consenso che, dicono, «rappresenta l’assunzione consapevole e irrevocabile della responsabilità genitoriale da parte di entrambi i componenti della coppia e costituisce il fulcro del riconoscimento dello stato giuridico del nato e del concetto di genitorialità legale, come contrapposta alla genitorialità biologica».
Si tratta di motivazioni in tutto e per tutto simili a quelle espresse dai giudici di Napoli, che hanno riconosciuto la stepchild adoption e che, insieme alle fughe in avanti di alcune amministrazioni, spianano la strada alle associazioni Lgbt per aggirare i limiti posti dal legislatore. Illuminante in questo senso un altro passaggio della sentenza di Pistoia, quello in cui i giudici sottolineano che nel solco da loro indicato «si collocano anche numerose prese di posizione da parte di Ufficiali di stato civile che stanno registrando la nascita in Italia di bambini di coppie di donne (cfr. da ultimo i Comuni di Torino, Milano e Sesto Fiorentino)». Una presa di posizione, quella dei giudici, perfettamente allineata alle parole della presidente della Rete Lenford, l’avvocato Miryam Camilleri, sul fatto che «il lavoro di questi mesi che ha visto impegnati una rete di professionisti, avvocati e giuristi» è stato «svolto a fianco delle Amministrazioni». «Questo è un importante successo per tutti i genitori già “riconosciuti “, ma anche – ha concluso Camilleri – per quelli ancora in attesa di riposta. Auspichiamo che per questi ultimi la strada giudiziale non sia necessaria»,
Che imbarazzo per quella bimba quando dovrà spiegare ai suoi compagni di scuola il perché ha due mamma e nessun papà…che tristezza!!!
Parlano di diritti e di tutela dei minori, ma non è nient’altro che l’ennesimo colpo inferto alla famiglia: le associazioni omosessuali e chi li finanzia vogliono una società promiscua e senza valori, perciò vogliono distruggere l’istituzione che ne sta alla base!