Nomine Rai, indietro tutta. Di Maio non vuole Orfeo. Gasparri: «È questo il cambiamento?»
Nomine Rai, indietro tutta. Come prima, più di prima. Nonostante nel frattempo siano arrivati i Cinquestelle a salvare il servizio pubblico radiotelevisivo dagli artigli della partitocrazia. Strano, no? Ancor di più se si pensa che il freno alle nomine è arrivato proprio dal capo dell’esercito dei “liberatori”, cioè Luigi Di Maio. Questa, almeno è la ricostruzione dei giornali all’indomani del nulla di fatto registrato ieri nel Cda di Viale Mazzini. la rimodulazione del canone non c’entrerebbe nulla. Sono le nomine ai vertici di Reti e Tiggì il vero pomo della discordia. Come prima, appunto. Anzi, come sempre.
Il M5S controlla Tg1 e Tg3
Il pacchetto predisposto dall’ad Salini prevedeva Stefano Coletta a Ra1 e alla direzione Prime Time, Ludovico Di Meo a Rai2 e alla direzione Cinema e serie tv, Franco Di Mare a Rai3 e alla direzione Day Time. Mancava la casella del Tg3, oggi affidata a Giuseppina Paterniti, per la quale circolava il nome di Mario Orfeo, in passato alla guida del Tg1 e già dg dell’azienda. Proprio sulla sua testa, secondo i retroscenisti dei quotidiani, sarebbe caduta la mannaia del veto di Di Maio. Proprio lo stesso che voleva liberare la Rai dai partiti. Non stupisce, perciò, che proprio il capo politico dei Cinquestelle sia diventato il bersaglio non solo dell’opposizione ma persino dei colleghi di maggioranza.
Anche i renziani contro il capo grillino: «Non doveva liberare la Rai dai partiti?»
«A proposito di “cambiamento” – ironizza Maurizio Gasparri – i grillini dicevano “fuori i partiti dalla Rai”, ma mettono veti e occupano posti con arroganza, umiliando i vertici dell’azienda, paralizzati da diktat grillini. Dalla Trenta a Di Maio – twitta ancora l’ex-ministro – pagine turpi. Salini alzi la testa, se può…». Dalla maggioranza è il renziano Michele Anzaldi a mettere sulla graticola Di Maio: «I giornali – scrive su Fb – mettono nero su bianco che a bloccare le nomine Rai sarebbe stato Di Maio. Se fosse confermato, saremmo di fronte ad un’ingerenza gravissima sul servizio pubblico». Da qui l’invito al capo grillino: «Smentisca». Già, campa cavallo. Nel frattempo, a morire è quello che si ammira davanti alla sede della Rai.